Benvenuti nel sito di Alessandra Callegari

Prefazione a “La Voce del Corpo”

Prefazione a “La Voce del Corpo”

L’opera di Lowen è una pietra miliare

La bioenergetica come nuovo paradigma: presentazione di Luciano Marchino

luciano marchino

In The Voice of the Body ritroviamo i temi fondamentali dell’opera di Alexander Lowen, presentati in una prospettiva storica senza precedenti che ci consente di valutare, direi meglio di assaporare, lo sviluppo del pensiero di questo autore, la cui opera rappresenta una pietra miliare nello sviluppo del pensiero somatorelazionale contemporaneo.

L’impegno, la determinazione e la capacità di valutazione clinica hanno consentito a Lowen di ampliare e indirizzare in modo nuovo ed efficace le osservazioni e la metodologia d’intervento terapeutico del suo grande maestro Wilhelm Reich, trasformandole in modo originale. L’analisi bioenergetica si pone così come un nuovo paradigma operativo, aperto al confronto con la complessità dell’essere umano, sul piano di un approccio integrale che accetta la dimensione olistica senza pretendere di ridurla a schemi operativi rigidi. In questo senso il metodo dell’analisi bioenergetica va ben oltre la somma degli elementi di tecnica terapeutica che pure ne costituiscono l’ossatura. E non sono da intendersi in modo riduttivo le categorie diagnostiche introdotte da Lowen che, lungi dal costituire una griglia rigida o dall’indirizzare in modo deterministico l’operare del terapeuta, ne orientano efficacemente la consapevolezza, fornendo un nuovo e ancora insufficientemente apprezzato elemento proempatico che ci consente di accedere all’altro comprendendolo più profondamente.

L’approccio bioenergetico si pone quindi non come un punto d’arrivo ma come una sorgente di ricchezza cui attingere. Alexander Lowen, con il suo acume, ha stimolato la nostra sensibilità e ci ha consentito di guardare l’altro con occhi nuovi, più commossi, più liberi dal giudizio (clinico) e più aperti alla condivisione empatica dell’esperienza.

Con il metodo dell’analisi bioenergetica lo psicoterapeuta è, così come il protagonista (il paziente), un partecipante a pieno titolo nel processo di ri-evoluzione della psicoterapia. Consapevolmente il terapeuta lascia partecipare se stesso all’opera di autoguarigione del paziente, fornendogli a tempo debito gli strumenti più efficaci all’elaborazione, nel qui e ora, dei temi emergenti.

I testi qui presentati forniscono una visione del lavoro di Lowen che copre l’arco di vent’anni, dal 1962 al 1982: un periodo particolarmente proficuo che ha visto l’analisi bioenergetica differenziarsi progressivamente e ineluttabilmente tanto dalla psicoanalisi e dal comportamentismo, in quegli anni imperanti, che dal paradigma dell’analisi reichiana ortodossa, dalla quale ha ereditato i postulati fondamentali.

Ma proprio oggi, quando l’analisi bioenergetica è pratica terapeutica consolidata in tutto il mondo occidentale e i suoi principi di base stanno ricevendo dalle neuroscienze importanti e ripetute conferme, nell’avvicinare questi testi è importante essere ben consapevoli del momento culturale e sociale in cui sono stati scritti, per non cadere nella tentazione di giudicarli con un senno di poi che potrebbe, in tempo di rapide trasformazioni, diventare vittima di se stesso.

***

La voce del corpoQuesta raccolta testimonia infatti il farsi del pensiero analitico in bioenergetica che si riferisce a quello che potremo chiamare il “primo periodo” del suo autore, e prelude al vero e proprio “salto quantico” dell’ultimo Lowen. Seguiamone l’evoluzione.

In Oltre i confini (1) Ken Wilber, psicologo e ricercatore tra i più accreditati nel campo della psicologia transpersonale, introduce l’ipotesi che le forme di intervento psicoterapico abbiano come mezzo e come fine l’eliminazione dei confini tra ciò che chiamiamo Sé e ciò che chiamiamo non Sé e che ci è psicologicamente altro. Egli sottolinea come il confine più comunemente riconosciuto sia fornito dall’epidermide, dimenticando però di sottolineare un dato importante cioè che l’epidermide e la neocorteccia cerebrale, principale sede dell’attività mentale cosciente, hanno la stessa origine embriologica e sono partecipi del medesimo senso del confine.

Wilber riconosce che, come Lowen rileva più volte nei suoi scritti, il senso dell’identità è fornito agli esseri umani soprattutto dall’esperienza corporea. L’osservazione clinica dimostra infatti che il corpo fornisce la base più largamente condivisa per distinguere ciò che è me da ciò che è non me, come il mio rasoio, o il mio spazzolino da denti, o la mia automobile. Ma oltre al confine fornito dall’epidermide siamo costretti ad ammettere l’esistenza di un secondo importante confine posto tra mente e corpo, o più precisamente tra mente conscia e corpo. È l’esistenza di tale confine che ci induce a fare affermazioni del tipo “Io ho un corpo sano” piuttosto che “Io sono un corpo sano”.

La differenziazione, sbrigativamente etichettata come separazione tra mente e corpo, ci deve indurre a considerare l’eventualità che all’interno del processo di evoluzione si siano create le condizioni di una differenziazione adattativa funzionale tra uno strato più periferico, e più direttamente a contatto con l’ambiente (ectoderma – neocorteccia – pelle) e gli strati più profondi e meno esposti alla relazione ambientale, come il mesoderma e l’endoderma. Tale differenziazione adattativa, che fornirebbe il substrato biologico all’esperienza psicologica di una separazione tra mente e corpo, è alla base delle osservazioni cliniche di Wilhelm Reich sull’origine dell’armatura carattero-muscolare, teoria pienamente assorbita nel paradigma dell’analisi bioenergetica e di cui costituisce uno dei pilastri principali.

Nessuna osservazione ci autorizza infatti a credere che la linea di confine tra mente e corpo sia presente (sancita, oltre che predisposta) alla nascita. Una mole considerevole di dati ci costringe viceversa a rilevare come il processo di separazione dell’identità dal corpo proceda di pari passo con lo sviluppo del bambino e con la maturazione di stati dell’essere che Lowen ha associato a cinque diritti fondamentali: il diritto di esistere, di avere bisogno, di essere autonomo, di imporsi e di amare sessualmente. La negazione protratta o traumatica di tali diritti sembra costringere il bambino a dissociarsi dall’area del proprio corpo implicata nella rivendicazione del diritto negato, serrandolo nella morsa di una tensione che appare necessaria a impedirne l’espressione e quindi l’appagamento, perpetuando di conseguenza lo stato di bisogno e di frustrazione. In cambio del paradiso così perduto egli riceve un’illusione, l’illusione che il non sentire, cioè il dissociare il pano fisico della sensazione dal piano psicologico della percezione dotata di emozione e di significato, lo metta al sicuro da un ambiente correttamente o erroneamente percepito come minacciante.

È così che perdiamo la capacità di riconoscere il corpo come il modo della nostra esperienza e cominciamo a ritenerlo semplicemente un mezzo attraverso il quale entriamo in contatto con il mondo. È così che perdiamo la capacità di riconoscere il corpo come l’essenza e lo riduciamo alla funzione di contenitore di cui poi pretendiamo di essere il contenuto.

corpo picassoE non è tutto, naturalmente, perché – come la psicoanalisi ha dimostrato e Lowen ha pienamente integrato nell’analisi bioenergetica – esiste all’interno del confine dell’ectoderma un ulteriore confine tra le parti di cui siamo consapevoli che chiamiamo Io e le parti del abbiamo allontanato dalla coscienza, rimuovendole e/o proiettandole sull’ambiente esterno.

Tale confine ci rimanda dunque a uno spazio più profondo e interno a ciascun essere umano: lo strato strutturale fornito dall’apparato muscolo-scheletrico (mesoderma) che è l’apparato di supporto e l’agente, se non il soggetto, di ogni azione cosciente e volontaria, e che contiene al tempo stesso la somma articolata (pattern) di tutti i divieti interiorizzati dalla persona nel suo processo di autocostruzione.

È proprio qui, a livello della muscolatura volontaria, che l’Io sembra imbrigliare e annullare l’emergere di tutti gli affetti suscitati dal permanere della frustrazione ambientale per un lungo periodo dell’infanzia. È qui che si realizza l’ulteriore confine tra parti consce, autorizzate a emergere sino al livello ectodermico di consapevolezza neocorticale se non a esprimersi nell’ambiente, e parti inconsce, che possono riemergere alla coscienza solo nel sonno, con l’allentamento delle tensioni muscolari volontarie e involontarie e del controllo egoico, o nell’atto bioenergetico pienamente compiuto, grazie alla decisione volontaria di riattivare modi di funzionamento espressivo desueti o percettibilmente bloccati, fornendo così al sistema nervoso autonomo una nuova opportunità per riequilibrare le sue parti antagoniste, i sottosistemi simpatico e parasimpatico.

Nel primo caso esse, se supereranno la soglia del ritorno allo stato di veglia, dovranno comunque sottostare al processo di decodificazione noto come analisi dei sogni. Nel caso di un atto bioenergetico pienamente compiuto, invece, se la carica emozionale potrà superare la barriera posta dalle difese nevrotiche dell’Io adattato, trascinerà con sé la conoscenza originaria dell’evento e della situazione patologica che diede origine al blocco nevrotico, portando a un momento di autocoscienza che non richiede alcuna spiegazione, ma solo un’adeguata integrazione a livello consapevole.

Il processo dell’analisi bioenergetica però può essere visto in due modi, diametralmente opposti. Il primo, che l’avvicina alla terapia dell’Io, è un processo che, senza troppo allontanarsi dalla realtà, potremmo definire di manutenzione dell’armatura caratteriale, e che prevede la riorganizzazione delle difese sotto l’egemonia di un Io rafforzato da una migliore sensazione di esistere (dovuta all’integrazione dei vissuti emozionali e sensoriali corporei) e quindi di potersi battere con maggior successo per i propri fini. In questa luce il terapeuta si pone al servizio dell’Io del paziente, correndo però il rischio di promuovere un intensificarsi del senso di separazione, e spesso di conflitto, tra l’organismo e l’ambiente, e rendendo il suo paziente un combattente più fiero e fiducioso ma non per questo più gioioso.

alex lowen 1In un primo periodo, coerentemente con la visione corrente, questo fu visto come il fine stesso di una psicoterapia coronata da successo. È solo con l’ultimo Lowen, quello per intenderci di La spiritualità del corpo (2), che l’autore amplia la propria visione includendovi l’arrendersi. Ma arrendersi al corpo per Lowen non significa rinunciare all’autorealizzazione ma, al contrario, portarla a compimento comprendendovi la capacità di radicamento orizzontale, vale a dire quella – da lui acquisita come paziente di Reich ma fino a quel punto mai esplicitamente ribadita in bioenergetica – di svestire l’armatura in condizioni di passività e di recettività, consentendo il pieno riequilibrio dei sistemi simpatico e parasimpatico.

Si chiude così il cerchio di un processo di pieno recupero delle potenzialità umane originarie, poste sotto sequestro dall’interiorizzazione dei codici familiari e si ripristina la capacità piena di erigere confini in condizioni di pericolo e di sospenderli per accedere pienamente alla fusione amorosa e ai sentimenti nutritivi.

La prima modalità fu senz’altro imperante in analisi bioenergetica fino agli anni Ottanta e proprio a tale periodo si riferiscono gli scritti raccolti in questo volume. Nel 1980 però Lowen pubblicò un testo chiave che segnò un importante punto di svolta nella qualità etica e metodologica del suo intervento. Si tratta di Paura di vivere (3), in cui l’autore affronta il tema del fallimento e della paura nevrotica di perdere le proprie illusioni di onnipotenza per arrendersi alla finitezza della propria umanità.

Secondo l’autore aggrapparsi alle illusioni di onnipotenza richiede la rimozione più completa delle sensazioni e dei sentimenti che continuamente ci animano dall’interno, per aderire a un modello di successo imposto dall’esterno. Per mantenere tale illusione è necessario attuare il più attento controllo tanto sul mondo esterno che su quello interiore e di conseguenza la perdita di controllo è vissuta, dall’occidentale nostro contemporaneo, come un vero e proprio attentato alla sua vita psichica e biologica. Perdere il controllo è impazzire o morire. Come effetto delle tensioni psicosomatiche necessarie a mantenere lo status quo, la vitalità naturale, che più tardi Lowen descriverà come grazia animale, viene distorta, domata e asservita agli obiettivi dell’Io: è il trionfo dell’egotismo.

Alexander LowenCon Paura di vivere Lowen concluse la seconda fase della sua produzione teorica e letteraria. Nella terza e definitiva fase del suo lavoro clinico, forse la più importante, egli si interessò in modo sempre più approfondito della relazione tra salute emozionale, salute corporea e salute spirituale. Fu solo alla fine di questo terzo periodo, quando il suo ultimo testo teorico Joy, the Surrender to the Body and to Life (4) fu pronto per la stampa, che Lowen fece uso di tutta la sua autorevolezza per dichiarare agli analisti bioenergetici, riuniti a Corfù per il XII Congresso biennale di Analisi bioenergetica (1994):

“Sono trascorsi quarant’anni da quando ho sviluppato l’Analisi bioenergetica dai concetti caratteroanalitici di Reich, con l’intenzione di approfondire il lavoro analitico e di espandere le procedure corporee per rendere efficace la terapia. Ho focalizzato l’attenzione sulla respirazione, l’espressione dei sentimenti e l’abbandono sessuale all’amore come si manifesta nel riflesso dell’orgasmo. Questo programma conteneva una grande promessa e tutti noi, coinvolti nello sviluppo di questo nuovo approccio, credemmo di poter aiutare le persone a raggiunger in tal modo il pieno appagamento. Mi rattrista dover ammettere che l’analisi bioenergetica non ha esaudito tale aspettativa:come fondatore e guida mi sento responsabile di questo fallimento che è dovuto alla mia insufficiente comprensione della profondità della patologia che affligge gli esseri umani nella nostra cultura. Tale fallimento ha origine anche nella mia determinazione egotistica a ottenere risultati. Ma per me gli ultimi quarant’anni non sono trascorsi invano. Ho affrontato l’arroganza e la compulsività della mia personalità e ho imparato ad accettare la vita e a lasciarla scorrere. Ciò mi ha condotto a una comprensione del tutto nuova de compiti terapeutici e del processo dell’analisi bioenergetica. Ho chiamato questa nuova comprensione arrendersi al corpo. Il fine dell’arrendersi è l’esperienza della gioia.”

Negli anni più maturi Lowen ritrovò la connessione smarrita con la spiritualità e con il pensiero di Reich che aveva per lunghi anni penalizzato il suo lavoro e quello degli analisti bioenergetici più ortodossi e lo espose con chiarezza, con coraggio e insistentemente: il fine dell’analisi bioenergetica è ritrovare la capacità di arrendersi al flusso della vita. Conseguenza dell’arrendersi è l’esperienza della gioia e coerentemente con le antiche scritture (5) la natura stessa di Dio è gioia. In altre parole la gioia è Dio. È qui che Lowen, come tutti i grandi maestri, riassume e integra nella sua prassi e nella sua teoria il senso del mistero, quel qualcosa che non possiamo definire in termini tecnici, mentali o fisici, ma di fronte a cui è richiesto un atto di gioiosa, fiduciosa umiltà: un arrendersi che non è sconfitta ma la vittoria più grande.

Nel 1980 incontrai Lowen a Taormina in occasione del primo Congresso di Bioenergetica tenutosi in Italia. Si dimostrò gentile e determinato e, come si può immaginare, era letteralmente assediato dagli allievi e dai partecipanti al convegno. Avevo trentadue anni, lui stava per compierne settanta. Ci dividevano la fama, il prestigio, la competenza, ma soprattutto quarant’anni di vissuto personale da lui spesi nella ricerca del senso profondo della vita. Con pochi amici comuni, suoi allievi e miei maestri, fui invitato a cena in un ristorante alle falde dell’Etna, un po’ appartato rispetto alla sede dei lavori. Lì gli fui presentato come organizzatore del primo corso di analisi bioenergetica di Milano. Fu molto cordiale e per tutta la sera animò la conversazione con un flusso ininterrotto di gioiosa energia. Ero stupefatto, felice, intimorito. Quando poco prima di mezzanotte, proprio sopra la nostra testa, furono accesi i fuochi d’artificio, lo vidi ridere, spalancare gli occhi, eccitarsi, in una parola entusiasmarsi. Dovettero trascorrere molti anni prima che, in tutt’altra situazione, divenissi consapevole del significato della parola entusiasmo, dal greco en theos, con Dio dentro, ispirato da Dio, Lowen era pieno di gioia, pieno di grazia, pieno di entusiasmo. A settant’anni stava per imprimere una svolta ulteriore alla sua vita e alla sua teoria clinica.

Lowen ci ha fornito, all’interno dell’impianto teorico dell’analisi bioenergetica, tutti gli strumenti necessari a una sana autocritica e a un costante processo di evoluzione e di attualizzazione delle osservazioni.The Voice of the Body, in particolare, per l’ampiezza e varietà degli argomenti trattati si candida a diventare un testo chiave per comprendere questo autore e la profondità della sua opera. Affrontiamolo con curiosità e passione e otterremo una più piena comprensione di noi stessi, dell’analisi bioenergetica e della condizione umana.

 

Note:

1) Cittadella Editrice, Assisi, 1985/2005. Traduzione di No Boundary, Eastern and Western Approaches to Personal Growth, Shambala, Boulder USA, 1981.

2) Lowen, Alexander, La spiritualità del corpo. L’armonia del corpo e della mente con la bioenergetica, Astrolabio, Roma 1991

3) Lowen, Alexander, Paura di vivere, Astrolabio, Roma 1982.

4) Tradotto in italiano con il titolo Arrendersi al corpo, il processo dell’analisi bioenergetica, Astrolabio, Roma 1994

4) Vedere l’autobiografia di Lowen, Honoring the Body, Bioenergetics Press, Alachua, Florida, 2004, pag. 128