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Ho imparato a orientarmi

Ho imparato a orientarmi

Una mappa per le relazioni

Come scoprire il carattere in sé e in chi ci sta vicino

di Alessandra Di Minno

Siamo al mondo e abbiamo un modo per starci. Atteggiamenti, gesti, reazioni e quant’altro, quel che comunemente chiamavamo “carattere”. Si aggiunge che nello stare al mondo lo guardiamo e ciascuno lo guarda attraverso lenti personalissime.

Come si costruisca questo modo e come si acquisiscano queste lenti si è detto già tanto. Il piccolo scrigno di DNA con cui arriviamo sulla Terra. E poi le esperienze, le relazioni, la madre e il padre che abbiamo avuto, fratelli sì, fratelli no, eventi piccoli e grandi… Unicità, dunque.

Eppure qualcuno nel tempo, più d’uno, nota che ci sono ricorsività sorprendenti. E così si cominciano a classificare i tipi di carattere e di personalità.

Ho conosciuto un giorno questo modo particolare che è l’Enneagramma. Nove Enneatipi, nove raggruppamenti dentro cui ognuno può ritrovarsi, quando arriva a un certo punto quella descrizione che risuona in modo diverso dalle altre. Parole che sembrano appartenenti a una nostra lingua madre.

Sorprendente che poi altri vi si riconoscano e, incontrandoli e confrontandosi, si scopra che usano espressioni tanto simili alle nostre, abbiano un modo di fare e di vedere le cose che riconosciamo senza troppi sforzi. Con la sensazione che serva spiegarsi appena, perché ci si capisce.

Da “cinque” che sono, per esempio, comprendo benissimo il bisogno dei miei “conterranei”, altri cinque, di ritirarsi in taluni momenti in un mondo proprio, protetto; capisco l’imbarazzo e l’estraneità davanti a manifestazioni altrui solo emotive e non mediate dalla pacatezza del pensiero; sento la stessa tendenza del corpo a contrarre e chiudere.

Mi sono ritrovata così con una sorta di mappa che disegna i tratti principali del mio modo di stare al mondo. Nel tempo ho imparato a tenerla tra le mani, mentre cammino osservo la mappa, osservo me e di volta in volta mi si chiariscono luci e ombre di questo mio modo. Abbiamo bisogno di sentire la nostra unicità, ma trovare affinità con altri colma il nostro altrettanto profondo bisogno di appartenenza.

Man mano che camminavo sentivo che stavo introducendo un elemento nuovo: mi guardavo e guardavo la mappa con sempre più benevolenza. Al giudizio sostituivo, quando ero in buona, la curiosità e la pazienza di conoscermi per come sono, sapendo che c’è una naturale inclinazione all’evoluzione che posso scegliere di seguire.

Mi stavo preparando a un altro passaggio essenziale: guardare allo stesso modo le mappe altrui. Stessa curiosità: avevo voglia di capire com’è disegnata la mappa delle persone che mi sono accanto nella vita.

Ho due figli, gemelli, che sembrano essersi spartiti le cose in modo tale dall’essere l’uno agli antipodi dell’altro. Pare sia consueto tra i gemelli… Dalle loro prospettive scopro che le cose si vedono con lenti diverse. Per esempio: se lei si fa male sperimenta con intensità una sorta di ferita interiore, ancor più forte di quella eventuale corporea, e contatta la tristezza. Se lui si fa male giocando si rialza in fretta, si scrolla di dosso frettolosamente l’esperienza appena vissuta e si premura di rassicurare me che non si è fatto nulla. Per lui proteggere e difendere è una priorità. Non a caso fa il portiere…
L’emotività in lei è prorompente, di facile accesso, il primo impatto con le cose del mondo. Per lui la conoscenza e il sapere sono succulente come un buon dolce e sono la via maestra per entrare in relazione col mondo.

Come mamma ho acquisito una possibilità in più: quella di sostenerli nelle fragilità che sto imparando a vedere con maggiore chiarezza e di valorizzare per quanto mi è possibile quelle risorse che gli sono proprie. L’Enneagramma mi dà modo di comprendere meglio quella modalità strutturata che già a otto anni i bambini hanno di esprimere sé nel mondo, il carattere, dando un senso e accompagnando verso un senso, una direzione di valorizzazione.

Anche nel mio rapporto di coppia la conoscenza della mappa è diventata un modo per conoscersi meglio e stare in modo più accettante con le differenze che quotidianamente prendono forma.

Illuminante scoprire come viviamo, io e la mia compagna, lo stesso frangente (un’incomprensione reciproca, per esempio) in modi diversi e come ci appaia tutto diverso quando accettiamo di provare a guardare con altre lenti, così come ci vengono raccontate. Succede, per esempio, che certi atteggiamenti o certe reazioni vissute come “contro” sono compresi come il modo altrui per proteggersi. E così si trasforma nel tempo il nostro modo di stare in relazione.

Entrano benevolenza e comprensione, il sincero e reciproco desiderio di fermarsi prima di interpretare univocamente quel che dell’altra ci arriva per ascoltare più attentamente e assumere l’altrui prospettiva. La conoscenza delle mappe è una sorta di traduttore, dal nostro personale linguaggio a quello altrui. Una cosa nel territorio del “cinque” vuol dire X, mentre nel territorio dell’“otto” vuol dire Y. L’accettazione delle differenze a volte si fa ardua.

Ma una cosa stiamo capendo: che il vero vicolo cieco non è dato dalle differenze in sé, che restano tali e non si lasciano manipolare oltre certi limiti, quanto dall’accanirsi nel voler cambiare l’altro e il suo modo di stare al mondo. Quella pretesa rende cieco il vicolo, con tutti i sentimenti d’impotenza e frustrazione che sbattere contro un muro volendoci andar oltre comporta. Quali alternative dunque?

La curiosità di conoscere l’altro o altra per com’è mi permette poi di fare le mie scelte e di modulare la mia vicinanza/distanza. Di starci o non starci. Vale scegliere di esprimere i nostri desideri, il nostro disappunto, ciò che ci piace e ciò che ci crea malessere, questo vale sempre. Ma è la pretesa il vero inghippo, che si rileva all’occhio attento il vero fallimento nelle relazioni. Pretendere che l’altro sia, faccia, dica o non sia, non faccia, non dica.

Sempre per restare nell’immagine del guardare da una prospettiva piuttosto che da un’altra basta attingere dalla nostra personale esperienza di come si sta quando qualcuno pretende che siamo ciò che non siamo. Il meccanismo che parte istintivamente nel conflitto è la proiezione sull’altra persona delle responsabilità di ciò che accade. Questo pare universale nel girone dell’enneagramma.

Tuttavia vedo che la conoscenza di questa mappa mi sta insegnando un atteggiamento più attento a ciò che accadde dentro me (aiutandomi così a prendere le mie parti di responsabilità nelle interazioni con gli altri) e più curioso e comprensivo per ciò che accade dentro l’altro (aiutandomi a essere più benevola e rispettosa). Il risultato è che si sta meglio, tutti quanti. E che ci si riesce anche a divertire nel gioco di osservare le differenze, godendosi lo stupore di scoprire di volta in volta come si manifestano.