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A lezione dal bruco

A lezione dal bruco

Metafora della condizione umana

Come imparare a “chiudersi” e ad “aprirsi”

in modo spontaneo e non nevrotico

di Alessandra Di Minno

Del bruco e della sua evoluzione in farfalla se n’è cantato e parlato, quel fenomeno incredibile e generoso della natura che trasforma un esserino in genere dall’aspetto poco gradevole nella bellezza alata di una farfalla. Straordinario e disponibile a prestarsi come metafora.

Giorni fa la mano gentile di un amico lo ha preso e tenuto per pochi minuti perché potessimo osservare. E io ho imparato dell’altro.

Il bruco si trova catapultato all’improvviso su una superficie grande e morbida, sconosciuta, che gli fa compiere infinite distanze in pochi attimi, senza controllo alcuno e senza alcun senso. È puro corpo, non c’è pensiero a mediare, c’è puro istinto. Verosimilmente ci sono sensazioni, segnali corporei che determinano reazioni, ma non emozioni che richiedono una complessità fuori portata. E il corpo ha una sua risposta immediata: si contrae e ritrae, protegge se stesso diminuendo la superficie che copre e rendendosi meno visibile.Diviene una palla verde sotto i nostri occhi, potremmo perdere la cognizione di lui come bruco perché la forma che assume è di tutt’altra natura, sembrerebbe una pallina vegetale. Massima allerta, massima difesa.

Pochi secondi e accade dell’altro. Il corpo raggiunge una sua “consapevolezza”: non succede niente. Nulla di male, quanto meno. L’evento improvviso non è pericoloso, non è arrivato il danno o la morte. La pallina si dispiega e il bruchino riprende la sua forma.Il corpo si rilassa, distende, si apre al contatto col mondo che lo circonda.
Espansione e contrazione, espansione e contrazione.Dall’atomo alle forme più complesse il nostro universo funziona alternando in modo armonico e sensato questi due movimenti. Ogni cellula del nostro corpo si comporta così: alterna armonicamente, come il respiro, apertura e chiusura.

L’Essere Umano ha modalità più varie del bruco per difendersi dal pericolo (reale o anche solo percepito tale) che equivalgono alla fuga, alla chiusura, al congelamento e all’attacco. Ma il concetto di pericolo va osservato da una lente diversa: per l’uomo l’allarme del sistema può attivarsi per un pericolo reale ma anche per un pericolo solo percepito e non corrispondente a una minaccia.
Ad esempio, parlare in pubblico può attivare il sistema come se ci si trovasse in pericolo (anche se il pericolo reale non esiste), mentre altri si espongono pubblicamente con scioltezza e col sistema in distensione. La “definizione” interna di pericolo è dunque molto soggettiva, legata alle esperienze pregresse ma anche alla cosiddetta struttura caratteriale.
Per alcune strutture caratteriali la chiusura rappresenta la difesa prevalente, seppure non esclusiva, che viene messa in atto, sin dall’infanzia. Il corpo spaventato si contrae e chiude, si congela, irrigidisce i muscoli, blocca il diaframma, diminuisce la respirazione, riducendo così il proprio funzionamento vitale. Si attiva in questo modo per ridurre il sentire e, dunque, la percezione della paura.

L’aspetto nevrotico consiste nel fatto che il sistema attiva queste difese in modo automatico e rigido appena percepisce una minaccia, anche quando non si rende necessaria una protezione perché non esiste una minaccia reale. È una nevrosi del pensiero, che si fa distorto, rigido e incapace di adattarsi alle situazioni: ad esempio, se in origine l’esperienza è stata quella di essere puniti o minacciati di perdere l’amore ogniqualvolta si contestava un padre autoritario, il pensiero nevrotico si struttura postulando che esprimere un pensiero contrario o mettersi in posizione conflittuale sia pericoloso in assoluto. I pensieri attivano allora emozioni spropositate e incoerenti, perché ricevono un buon motivo per mettere in allarme il sistema. Così è per i distretti muscolari, i primi incaricati a modificarsi e attrezzare il corpo nelle situazioni di pericolo: si irrigidiscono, provvedono a chiudere e schermare.

E allora torno al bruco, perché è proprio nella sua semplicità che ci insegna cose.
Il bruco conosce una sola modalità. La sua reazione semplice è puramente adattiva: tutto ciò che fa è il meglio che possa fare per difendersi. Chiude per ridurre quanto gli è possibile la sua esposizione al pericolo, non attacca perché non ha armi per farlo, quando qualcosa gli fa dedurre che il pericolo è diminuito (verosimilmente il semplice “constatare” che non è arrivato nulla di male) torna ad aprirsi. Torna ad aprirsi perché sente istintivamente che l’apertura è vita, la sua sopravvivenza è garantita dal contatto, dal cercare nutrimento, luce, calore, acqua.

Dopo essersi trovato catapultato su quella enorme mano, quindi dopo essere atterrato su una superficie del tutto sconosciuta, il bruchino si rimette con fiducia a esplorare questa novità, aprendosi al contatto con gli occhi piccoli che osservano e con chissà quali altri minuscoli organi di senso. Riprende a camminare, paiono risvegliarsi fiduciose la curiosità e la speranza. Il corpo si allunga al massimo delle sue possibilità senza paura.

Ecco cosa imparo: la nevrosi non solo ci porta a chiudere automaticamente quando avvertiamo un pericolo che tale non è ma è solo percepito (nel caso di una reazione a un pericolo reale non parliamo di nevrosi), ma ci fa restare nella chiusura e nella contrazione anche quando il “pericolo” è passato, strutturando rigidamente la chiusura come modo di stare al mondo. Perdiamo la capacità del bruco di proteggerci quando ce n’è bisogno e di aprirci appena il brutto momento è passato, perdiamo quella spontaneità vitale all’apertura, quella capacità di distendere morbidamente appena rilasciata la contrazione protettiva. Abbiamo pensieri attaccati a idee anche sottilmente persecutorie, o catastrofiche, pessimiste, preoccupate. Abbiamo un senso di paura, nelle sue sfumature varie, e un corpo contratto che ha perduto la flessibilità e la morbidezza per distendersi.
Ma come sempre la consapevolezza è già metà della strada: se vediamo che siamo troppo poco bruco abbiamo la possibilità di cogliere ogni occasione buona per andare a lezione da lui….