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Bioenergetica, passione, professione

Bioenergetica, passione, professione

Risvegliare l’energia nel corpo

di Luciano Marchino

Luciano MarchinoPubblico questo testo, frutto della trascrizione da me fatta di una conferenza tenuta dalla psicoterapeuta Luciano Marchino a Milano il 131 marzo 2004, organizzata dall’Associazione Abipso di cui allora facevo parte, perché è di garnde attualità.

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Mi occupo di bioenergetica da molti anni. Nata come una passione, nel tempo è diventata una professione. Ho cominciato andando la prima volta a fare un’esperienza, restandone molto stupito, tornando, scoprendo che era possibile comunicare con se stessi e con gli altri in modi diversi. Scoprendo che non avevo comunicato con me stesso per la maggior parte della mia vita: che ero anzi un perfetto estraneo a me stesso. E decidendo di fare un percorso.

Il processo di analisi bioenergetica – un lavoro abbastanza impegnativo, lungo, inteso come una vera e propria terapia – non è però l’unico modo di fare bioenergetica e in questo momento storico è molto importante, a livello di massa, recuperare la sensazione di esistere e di non essere solo delle astrazioni nella propria mente, che si basano su un corpo per fare bella figura in pubblico. Quando parliamo di bioenergetica non stiamo parlando di un nuovo tipo di fitness: fa bene al corpo, ai muscoli, all’energia, ma non è fitness. Non è neanche ego-building: andava molto di moda negli anni Settanta utilizzare strumenti come la bioenergetica per sentirsi forti, decisi, autorevoli. Noi eravamo quelli che riuscivano a dire ‘no’ quando pensavano ‘no’ e che riuscivano a dirlo con sufficiente energia.

Può essere importante per qualcuno, ma in questo momento storico è più importante riottenere il più profondo contatto possibile con se stessi. Quasi tutte le persone sono convinte di essere in contatto con se stesse, fino a quando non entrano davvero, per la prima volta, in contatto. Allora, hanno uno choc, a volte persino un piccolo attacco di panico. Se sento di esistere sento di essere mortale, quindi per la prima volta sento l’impatto della realtà. Un’altra modalità diffusa oggi, simile a quella che portava a questa specie di egolatria degli anni Settanta, è il soul-building: leggiamo molto, facciamo qualche serata di vipassana, un mese di qi gong, un’esperienza di taoismo, seguiamo qualche conferenza interessante, ma tutto questo sembra perdersi nel nulla. Ci sono persone che fanno decine di queste esperienze, ma non si mettono in nessun percorso. L’analisi bioenergetica offre un percorso, così come il metodo delle classi di esercizi offre un percorso. E non è una psicoterapia (perché non tutti per fortuna ne hanno bisogno), ma è un serissimo, impegnativo percorso di sviluppo personale, non dissimile da modelli di ricerca spirituale che affondano le loro radici molto molto lontano nel tempo.

Mi è capitato in mano un vecchio testo del 1982, La porta senza porta di Mumon. In fondo viene riportato, sotto il titolo trovare il centro, un antico testo tantrico in cui Shiva, il dio induista, spiega alla sua compagna Devi quali vie seguire per contattare la realtà. Dice Devi: “O Shiva, che cos’è la tua realtà? Che cos’è questo universo colmo di stupore? Che cosa ne è il seme? Che cosa fa da mozzo alla ruota dell’universo? Che cos’è questa vita al di là delle forme che pervade le forme? Come possiamo entrarvi pienamente, al di sopra dello spazio del tempo, dei luoghi? Chiarisci i miei dubbi”. Shiva non risponde con dotte argomentazioni o metafore, ma con delle procedure. Sono 112, di cui ecco la prima: “Questa esperienza può albeggiare tra due respiri, dopo che il respiro è entrato, dentro, giù, e subito prima che torni su, fuori. Ecco il beneficio”. Perché sottolineo questo? Perché esiste un’enorme differenza tra ‘parlare’ delle esperienze e ‘vivere’ delle esperienze. E questo è esattamente il punto forte del lavoro di autoregolazione bioenergetica. Gli esercizi non spiegano che cosa sentire, non enunciano dotti pensieri, non citano il nome di dio, ma mettono in contatto con le basi della spiritualità. Enorme differenza perché impedisce che si formi un pensiero astratto, sovrimposto a ciascuno e consente che dall’interno delle persone emerga la loro verità nel tempo presente.

buddha mezzoAltro esempio. Esiste quello che io chiamo il ‘sentiero alto’ o della spiritualità. Un paio di giorni fa mi è arrivata una lettera bellissima, di una persona di alto livello spirituale, che pensa di essere stata la sposa celeste di un famoso guru per parecchi milioni d’anni. Mi ha colpito perché è una lettera lucidissima, sensibile, intelligente, ma che introduce una quantità d’astrazione non verificabile, che il mio spirito critico mi rende difficile accettare. Esiste un altro sentiero, quello ‘basso’, procedurale, che si basa sull’entrare in se stessi e conoscersi attraverso l’esperienza del corpo. Non ci preclude la via della conoscenza, ma ce la fa contattare attraverso qualcosa che solo adesso cominciamo a conoscere anche ‘scientificamente’. Per esempio, attraverso la genetica oggi sappiamo che ciascuno di noi porta al proprio interno milioni di anni di evoluzione. Lo sapevamo già da Jung, con il suo bellissimo discorso sugli archetipi: metafore, però, poesia, mito. Mentre possiamo riconoscerlo in modo diretto attraverso la nostra esperienza.

Esiste un modo di mettere insieme questi due aspetti, l’aspetto spirituale alto e l’aspetto procedurale basso? In Occidente in realtà lo sforzo è stato di separarli, ed è paradossale. La cultura cristiana, come l’ho conosciuta io, è la quintessenza della separazione tra anima e corpo, tra psichismo e corporeità. Il corpo è visto addirittura come la sorgente di ogni male, come qualcosa di pericoloso, soggetto a tentazione, potenzialmente demoniaco. Eppure San Paolo, fondatore della Chiesa cattolica, non ha mai pensato a una separazione tra anima e corpo e utilizzava il termine soma come identificativo della realtà anima e corpo, inscindibile. All’interno sia del Vecchio che del Nuovo Testamento non si dice una sola volta che esiste la separazione tra anima e corpo. E quando si parla di diecimila anime, si intende sempre diecimila persone intere, mai anime disincarnate.

Come siamo arrivati a questa orribile separazione che ci spezza in due e ci impedisce il contatto con noi stessi? Pensiamo a Cartesio: è un grande filosofo che si trova a operare in condizioni personali e in un momento storico particolari, in cui papa e imperatore devono arrivare a un compromesso, visto che entrambi devono governare. Ecco allora che si spezza: res extensa, la carne, dominio dell’imperatore; res cogitans, la mente, dominio del papa. Ma nelle basi della nostra cultura e della nostra etica tutto questo non c’è.

Ora, nel depliant dell’IPSO, Istituto di psicologia somatica, sotto la scritta Radix, abbiamo inserito ‘la nuova tradizione’. Perché? In genere ci si rifà alle grandi tradizioni religiose o spirituali. Ma in realtà traditio vuol dire trasmettere: e noi trasmettiamo procedure di alta conoscenza. In realtà anche le antiche tradizioni sono in fondo opinioni. La Bibbia non è arrivata per fax direttamente da dio, è stata scritta da uomini e anche loro hanno creato una potente, importante, fondamentale tradizione. Le tradizioni che abbiamo seguito fin dall’infanzia in Occidente, all’interno della cultura cattolica e cristiana, in Italia, a volte ci hanno sgomentato. Ci veniva chiesto di credere in cose praticamente incredibili: come l’infallibilità dell’uomo, con il papa; in cose introdotte molto di recente, come la verginità della madonna; in cose che hanno reso difficile a molti perseguire un certo cammino. E ci è stato soprattutto insegnato a rimuovere il corpo, con il comandamento che il corpo è la sorgente di ogni male.

nascita adamo michelangeloÈ veramente singolare, se teniamo presente il Credo: credo nella resurrezione della carne. Alla base del cristianesimo non c’è la crocifissione – qualunque ladrone era in grado di farsi crocifiggere – ma la resurrezione della carne. E mi sembra veramente importante, perché l’unico modo per contattare se stessi è entrare in se stessi. E noi, per lo meno nell’esperienza umana, siamo carne, carne viva, soma. E questo è vero in tutti i paradigmi di ricerca spirituale, fin dagli albori. Fin dallo sciamanesimo: l’arte dello sciamano era individuare nel corpo delle persone qualcosa che gli permetteva di profetare il loro futuro. Nell’induismo abbiamo le 112 vie di Shiva, che sono tutte vie corporee, basate sulla respirazione, le ossa, la carne, la postura. Guardiamo al taoismo: è tutto fatto di pratiche per la ricerca, l’incremento e il contenimento dell’energia vitale. Un’energia ritenuta addirittura così potente da poterci permettere l’immortalità. Quanto al buddismo, sappiamo che tutte le forme di pratica comportano l’ingresso nel corpo. La più antica, l’unica che viene fatta risalire direttamente al Buddha, la meditazione vipassana, è semplicemente stare in presenza di sé.

Come mai noi oggi non possiamo più accontentarci di questi semplici strumenti? Non possiamo perché sono stati messi a punto, creati, individuati, qualcosa come 4.000, 3.000, 2.000 anni fa. In momenti storici in cui l’impatto sociale non era minimamente paragonabile a quello di oggi. Dal punto di vista biologico noi abbiamo ancora la stessa struttura degli uomini del paleolitico eppure dobbiamo affrontare un impatto che è infinitamente superiore. Prima dell’avvento della tecnologia, quando si parlava di era atomica, dal 1945 al ’90, si valutava che l’impatto di quei 45 anni fosse paragonabile a quello sul pianeta dei 450 milioni di anni precedenti. E negli ultimi vent’anni è solo aumentato.

Ecco perché diventa estremamente difficile restare in contatto con la propria realtà. Perché dentro, di norma, abbiamo uno sconquasso. Abbiamo dovuto reprimere tutte le pulsioni naturali del nostro organismo, per non sentire cosa stava accadendo. A livello di massa abbiamo malattie sempre più gravi, improvvise e implacabili. E una malattia psichica, quasi inesistente venti anni fa, il panico. Come si valutano gli attacchi di panico? Dal fatto che la persona sta respirando e le batte il cuore. Quando la persona si accorge che il suo respiro è un po’ più ampio e voluminoso del solito e quando ha un po’ di batticuore, il suo piccolo ego si aggrappa alle mode e allo status sociale invece di essere sostenuto dall’interno, dalla realtà che biologicamente e geneticamente è predisposta per questo. Il piccolo ego si sente sopraffatto e chiede: “non fatemi più sentire, non voglio sentire”. E un medico, prontamente, lo mette in grado di non sentire.

Ho accennato a tradizioni orientali, ma quelle occidentali non sono poi così diverse. All’interno della cabala, il lato mistico dell’ebraismo, vengono praticati dei mantra – io ne pratico uno da 25 anni -, uno strumento che porta suono, senso, respirazione, postura: qualcosa in cui non devi performare, non devi recitare, devi entrare. Pensiamo all’altra grande religione monoteista, con cui sembra che in questo momento siamo ai ferri corti, l’islam: i suoi mistici, i sufi, praticano delle danze attraverso le quali di fatto tolgono dominanza al sistema nervoso centrale – il neocortex, la parte che noi idolatriamo – e restituiscono pregnanza e protagonismo a un altro sistema, quello nervoso involontario, cambiando al loro interno la relazione tra sistema simpatico e parasimpatico. Esauriscono una funzione perché ne emerga un’altra, esauriscono una volontà, il dominio egoico sull’ambiente, perché emerga dal profondo qualcosa di nuovo. E tutto questo è vissuto come esperienza spirituale.

occhio arcobalenoC’è una famosa mistica del cristianesimo, Teresa d’Avila. In realtà sono pochi i mistici del cristianesimo, perché con la demonizzazione del corpo il percorso spirituale, che è un viaggio all’interno, era affrontato da pochissimi. E le donne, quando lo affrontavano, avevano la cattiva abitudine di finire bruciate. Qualunque donna fosse in grado di intendere e volere era di norma ritenuta pericolosa. Teresa d’Avila ha corso questo rischio ed è stata sotto inchiesta per moltissimo tempo. Fece una magnifica esperienza di se stessa che viene descritta in un libro che si chiama Il castello interiore. E la cosa che unisce tutti questi paradigmi diversi è la comprensione degli esseri umani come personaggi a tre o sette stadi. Il castello interiore, ad esempio, è formato da sette cerchia di mura concentriche e solo quando si raggiunge il centro – la stessa cosa che diceva Shiva – c’è questo stato di beatitudine.

Ma perché parlare di questo? Perché finché si cerca un’esperienza spirituale fuori di sé, si trovano solo delle magnifiche poesie o delle magnifiche esperienze di altri. E non la propria. Perché tutti quello che hanno fatto ricerca spirituale l’hanno fatta dentro di sé. Io in realtà non ho cominciato a occuparmi di bioenergetica per seguire un sentiero spirituale. Ero un sessantottino, avevo letto Reich, che aveva scritto libri molto diversi, scandalosi come Funzione dell’orgasmo, o che gli sono costati carissimo, come Psicologia di massa del fascismo, o ancora più caro, come Dio, etere e diavolo o L’assassinio di Cristo.

Ne ero rimasto affascinato, ma soprattutto mi interessava La rivoluzione sessuale (avevo diciotto anni). Partecipai a un primo gruppo di bioenergetica. Scoprii solo molti anni dopo che il leader di quel gruppo non aveva la minima idea di quel che stava facendo. Però era molto simpatico, veniva dagli Stati Uniti, aveva le physique du rôle, capello biondo fino alla spalla, barba bionda, occhio azzurro. Ci fece fare un lavoro di massaggio collettivo. Una persona si sdraiava e dodici intorno a lei la massaggiavano. La cosa su cui fu molto attento fu di farci respirare. Fu davvero un’esperienza mistica, molto meglio delle canne che mi ero fatto fino al giorno prima: scoprii anzi che potevo viaggiare dentro di me senza chimica, senza perdermi e con un piacere enormemente superiore.

Ora, come siamo arrivati a perdere, dicevamo, il contatto con il sé? E come possiamo ricuperarlo? Facciamo un passo indietro. Nel tardo Ottocento un medico ebreo che si chiamava Freud, molto bisognoso di rivincita rispetto a una società piccolo-medio borghese che proprio in quanto ebreo lo aveva respinto ed emarginato, affrontò con immense capacità e creatività il tema della scoperta delle verità profonde della psiche: con l’analisi dei sogni e le libere associazioni. E questo attrasse a lui un altro ebreo, Wilhelm Reich. Era affascinato da Freud, aveva anche lui delle ferite che venivano dalla sua storia e aveva un enorme bisogno di rimettere insieme la libertà dell’anima e quell del corpo. Reich fu anche un militante di sinistra, (uno strano militante di sinistra: essere antistalinista nel partito comunista negli anni Trenta non era molto comune, anzi i suoi libri andarono al rogo anche in Russia), ma cominciò a scoprire che esisteva un linguaggio psichico del corpo e una base biologica dell’inibizione. E che l’inibizione, base della malattia psicologica, della nevrosi, non è qualcosa di astratto, non era l’inibizione di un pensiero, ma sempre di un gesto, parole comprese.

E scoprì che durante il processo di crescita, di civilizzazione, tutti noi interiorizziamo a livello corporeo le regole vigenti all’interno della nostra famiglia di origine. Così bene che diventano nostre, non distinguiamo più questi valori come introiettati, sono parte della nostra struttura. Se qualcosa era vietato all’interno della mia famiglia, questo qualcosa sarà vietato per me, per sempre. Se nella mia famiglia era sottoposta a grave punizione la vitalità imparerò a ridurre la mia vitalità, perché voglio essere amato da dio-padre e madre: imparerò a diventare come si deve, come mi vogliono. Come lo farò?

La respirazione è un meccanismo biologico: usiamo il diaframma, la muscolatura intercostale, degli atteggiamenti posturali. Se devo ridurre la mia vitalità comincerò, da bambino di due, tre, quattro anni, a chiudere queste parti, a respirare di meno, ad avere a disposizione soltanto l’energia che mi è consentito di spendere. Ritroverò tutte queste menomazioni quando andrò a scuola e mi si chiederà di stare calmo nel banco. Se poi avrò la ventura di essere nato in una grande città come Milano, o come molte città degli Stati Uniti, non avrò neanche la possibilità di sfogare fuori la mia vitalità, se non nei tempi e nei modi che la mia famiglia ritiene opportuno.

Ma con tutta questa saggezza genetica che c’è al nostro interno, con questo genoma che si è sviluppato in molti milioni di anni, come può il genere umano aver fatto un errore di questi tipo? In realtà, stiamo semplicemente affrontando l’impatto di un processo di civilizzazione, molto rapido, come ci riesce, cercando di capirci qualcosa. Quando si vive in piccole tribù (e non parlo di milioni di anni fa, anche oggi in certe zone dell’Africa è così, e la parte d’Afghanistan dove si nasconde Bin Laden è gestita da tribù, piccoli gruppi con una piccola cultura), interiorizzare le regole è spaventosamente liberatorio. Non devo chiedermi cos’è giusto e sbagliato, lo so, ce l’ho dentro. Certi gesti sono consentiti, certi proibiti. Dobbiamo trovare il modo di ritornare alle sorgenti della saggezza della specie che sta all’interno di ciascuno di noi, per riprendere quel processo di sviluppo che è stato inibito da una cultura scioccamente arrogante, la nostra, una cultura che ha decretato cos’è giusto e cos’è sbagliato.

coppia nuditàMa queste sono regole arbitrarie, che hanno tenuto il minor conto possibile del genere umano e, da alcune centinaia di anni a questa parte, hanno tenuto conto soprattutto delle ragioni dei forti, di un sistema di produzione che ci vuole all’interno di grandi città e con certi metodi di lavoro. Eppure abbiamo al nostro interno esattamente lo stesso potenziale reattivo di un uomo del paleolitico. Se si trovava di fronte un nemico, un avversario, aveva tre possibilità: attaccarlo, se si stimava più grosso di lui, scappare se pensava che sarebbe stato una vittima, o paralizzarsi se non sapeva quale delle due strategie attuare.

Oggi, abbiamo soltanto il paralizzarsi. È stato tutto molto ritualizzato, ma quando per esempio il capufficio mi fa un’osservazione, mi sento aggredito ed è come se avesse una clava, tant’è che le mie spalle vanno verso l’alto e la nuca si chiude. E quando arrivo a casa ho un po’ di artrosi cervicale… specialmente se il rapporto perdura. Allora, se all’interno del corpo c’è questa saggezza ed è stata utilizzata per renderci adatti al vivere sociale, non è che aumentando il nostro grado di libertà diventeremo persone asociali, anzi. Saremo persone capaci di comprendere i giochi che si giocano, invece di essere semplicemente delle pedine. Non più solo elementi del gioco, ma persone in grado di comprendere i giochi che esse stesse giocano e i giochi che in buona fede anche gli altri giocano. A proposito di pratiche del corpo, vi leggo un’altra pagina di un taoista, Teng Ming Dao. Dice: “La spiritualità comincia dai lombi, sale per la schiena e ritorna all’ombelico. La spiritualità non è solo un’attività mentale, ma anche un’espressione di energia. La fonte di questa energia è fisica e affonda le radici nella chimica del nostro corpo. Coltivare noi stessi significa raffinare la nostra energia”. E, dice Teng Ming Dao, a scopo spirituale.

Ora, cosa succede in una classe d’esercizi? Progressivamente ricominciamo a entrare in contatto con la nostra umanità, con la nostra corporeità. E come? Inghiottendo il nuovo sillabario, o ricevendo nuovi principi dall’esterno? No. Seguendo procedure che ci consentono di ricominciare ad ascoltare noi stessi per quel che siamo. Quando chiedete a una persona: “stai sentendo il tuo corpo?”, questa persona, a meno che non sia in qualche sentiero di ricerca, vi dirà “sì, certo”, mentre in realtà sta pensando il proprio corpo, tutt’al più sta pensando di sentire il proprio corpo. Perché la realtà è che noi abbiamo disattivato delle catene neuronali. Se un gesto è stato inibito, tutti i neuroni che avrebbero consentito quel gesto sono inibiti.

uomo leonardoImmaginiamo un sentiero di campagna: più viene percorso, più diventa una piccola strada, poi una più grande, ci si fanno passare i carri, viene popolato, e porta da A a B. Immaginiamo invece di non percorrerlo mai ed ecco che il sentiero piano piano scompare. Ecco che cosa facciamo con una classe di esercizi bioenergetici: riapriamo sentieri. Quanto al concetto di grounding, è la sensazione di avere la terra sotto i piedi. Tutti sappiamo che cosa significa nel nostro immaginario, tutti sappiamo di avere la terra sotto i piedi. Ma stiamo davvero sentendo di avere la terra sotto i piedi? L’esperienza di grounding è l’esperienza di essere completi dalla cima della testa alla pianta dei piedi, e di sentire in continuazione chi sono, ma non attraverso uno specchio, la speculazione o la riflessione. Il mito di Narciso ci ricorda com’è pericoloso speculare e riflettere, Narciso ci è morto.

L’esperienza bioenergetica ci riporta in contatto con la nostra essenza attraverso il contatto con ciò che siamo e il contatto con la respirazione. Respirazione e spiritualità sono sinonimi: e infatti in tutte le scuole di ricerca spirituale c’è respirazione. Ecco come mai Reich scrive libri come L’assassinio di Cristo o Dio etere e diavolo, come mai Lowen scrive un libro che si chiama La spiritualità del corpo, e come mai Lowen, quando parla di depressione – addirittura scrive un libro su La depressione e il corpo – parla in modo particolare di respirazione e di fede. Perché quello che perdiamo quando la nostra respirazione si comprime è proprio la nostra spiritualità.

Qualunque esperienza corporea che ci riporti in contatto con la nostra vitalità e il nostro libero arbitrio, e quindi con la potenzialità riacquisita di quei gesti che erano stati inibiti nella nostra infanzia, è una procedura che ci porta in contatto con quello che anticamente veniva richiamato come un pensiero e un sentiero spirituale. Sono convinto che qualsiasi separazione tra anima e corpo o tra mente e corpo sia arbitraria e truffaldina. E quindi attraverso le nostre semplici, ma molto interessanti esperienze corporee, credo che possiamo acquisire una visione del mondo che può farci stare meglio, può aprire le nostre menti e può portarci a ragionamenti ‘alti’. Senza nominare il nome di Dio invano.