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Un modo di essere

Un modo di essere

Maieutica della vita quotidiana

Da Socrate impariamo a dialogare

e ad aiutarci a far emergere la verità

di Alessandra Callegari

Il termine maieutica viene dal greco maieutiké (sottinteso téchne): è “l’arte della levatrice”, l’arte di aiutare la partoriente a far nascere il bambino.

Maieutica, per come la intendiamo noi, è aiutare e aiutarsi a “tirar fuori” la propria verità, interrogandosi e mettendo in discussione qualsiasi verità, vera o presunta che sia. E questo blog vuole essere, oggi, un modo per fare proprio questo. Tirar fuori anche verità scomode, o tematiche sulle quali non è facile dare una risposta immediata, ma che richiedono una riflessione, una pausa, un fermarsi e ascoltare. Ascoltare se stessi e l’altro.

Il nostro vuole essere un invito a farlo nella vita quotidiana, applicando quest’arte alla relazione con sé e con gli altri, a tutte le grandi e piccole relazioni che formano l’intreccio della nostra esistenza, che sono il succo e la linfa del nostro stare nel mondo, da animali sociali quali siamo. Maieutica della vita quotidiana vuol dunque dire che giorno per giorno possiamo applicare quest’arte, sperimentando la possibilità di crescere noi per primi, ma anche di far crescere chi ci vive accanto, facendo esperienza insieme.

È un modo di essere, del resto, che trova nella relazione d’aiuto chiamata counseling la sua perfetta applicazione: il counselor “aiuta ad aiutarsi”, è il professionista competente che accompagna l’altro, il cliente, a trovare dentro di sé le risorse per affrontare e superare una difficoltà, per gestire una crisi, per fare chiarezza in una fase di cambiamento.

“La mia arte di maieutico” dice Socrate nel Teeteto di Platone “è in tutto simile a quella delle levatrici, ma ne differisce in questo, che essa aiuta a far partorire (…) e provvede alle anime generanti e non ai corpi. (…) Quelli che entrano in relazione con me, anche se da principio si rivelano assolutamente ignoranti (…) meravigliosamente progrediscono, com’essi stessi e gli altri ritengono. Ed è chiaro che da me non hanno mai appreso nulla, ma che essi, da sé, molte e belle cose hanno trovato e generato.”

Come la levatrice porta alla luce il bambino, Socrate – che era figlio della levatrice Fenarete e conosceva bene questo mestiere di servizio – portava alla luce le verità dal discepolo. E la sua maieutica non è l’arte di insegnare ma quella di aiutare, perché la verità non è insegnabile, è un sapere dell’anima e si trasmette per “testimonianza”, per contagio, per “trasmissione e condivisione”. Socrate non inculcava nei giovani che lo seguivano le proprie idee, ma li aiutava a “partorire la loro verità”, a tirar fuori i loro pensieri e le loro opinioni personali, al contrario di quanti volevano imporre le proprie vedute agli altri con la retorica e l’arte della parola, come facevano i sofisti.

Ecco dunque che Socrate, tra i filosofi greci, è stato anche il primo grande educatore e il primo grande terapeuta, avendo una profonda fiducia nella capacità umana di trasformarsi: la stessa fiducia che oggi è alla base del lavoro del counselor.

E con il suo invito a conoscere se stessi, risalente alla grande tradizione spirituale di Delfi, voleva anche ammonire a conoscere i propri limiti, a non cadere negli eccessi, a “stare con quel che c’è” nel qui e ora, che è anche il grande insegnamento degli approcci bioenergetico e gestaltico che proponiamo nel nostro lavoro.

Tra l’altro, accanto alla relatività del sapere, chi dialogava con Socrate era accompagnato a vedere non solo il valore teoretico del dialogo come ricerca comune di una verità sempre aperta e provvisoria, ma anche il valore morale del rispetto dell’interlocutore, accogliendo l’altro nella sua diversità e dandogli la possibilità di intervenire e obiettare, proprio perché ne rispettava le opinioni. E invitando ad assumersi la responsabilità della propria opinione: sempre appunto vista come “abilità di rispondere”, ovvero come la risposta più adeguata possibile a una data situazione.

Quel sapere di non sapere che è il fondamento del pensiero socratico – l’ignoranza intesa come consapevolezza di non possedere l’unica verità, di non avere una conoscenza definitiva e incontrovertibile – può diventare lo stimolo a mettersi continuamente in gioco, oltre che il movente fondamentale del desiderio di conoscere. E sempre Socrate ci invita a quella “libertà di pensiero”, a quell’anticonformismo che in opposizione alle convinzioni indiscusse e indiscutibili, rifugge il consenso obbligato e l’omologazione. Garanzia di verità per lui non era la condivisione tout court, ma il dialogo che porta alla reciproca persuasione. Un dialogo sempre aperto, pronto a essere rimesso sempre in discussione.

E anche la sua visione della politica e dell’educazione ci indica una strada: Socrate mirava sempre a verificare – e a smascherare – se sotto un certo modello o ideale educativo non vi fosse l’obiettivo di addormentare le coscienze critiche per perseguire interessi personali. Per lui la politica era la capacità di rendere migliori i cittadini, che esortava a occuparsi, più che delle cose della città, della città stessa. Lo stretto legame tra filosofia e politica si evidenzia come esigenza di anteporre sempre il bene della città e il rispetto delle leggi agli egoismi dei singoli.

Oggi, anche noi potremmo accogliere questo ulteriore invito socratico: nella nostra vita quotidiana, affiancare la visione del nostro “privato” a quella del nostro “sociale”, cercando di trasmettere e condividere la nostra verità consapevoli che quel che diciamo e facciamo ha comunque un impatto politico che va oltre le quattro mura della nostra casa.